Una musica celtica risuonava vivace nell’aria, mescolandosi al frusciare del vento che accarezzava le verdi colline. Il cielo cominciava a imbrunire quando, sulla strada che si snodava verso l’Oranmore Castle, comparvero le prime carrozze: grandi, piccole, di foggia medievale o più moderna, semplici carretti o più elaborate, tutte trainate da cavalli; trasportavano gli invitati alla grande festa di Ostara.
Se non fossero stati in Irlanda, e se nella città di Galway nessuno avesse saputo di quel grande party organizzato al Grand’Hotel, sarebbero apparsi assai stravaganti: ognuno indossava un abito sui toni del verde, elegante, e portava una maschera sul viso; molte donne e ragazze portavano una coroncina di fiori tra i capelli. Alcuni invitati avevano addirittura noleggiato costosi costumi teatrali e ora apparivano come ospiti regali del mondo fatato. Sì, perché la festa di Ostara quell’anno sarebbe stata una festa in maschera, sul tema della primavera. A vedere passare così quel corteo, parevano davvero fate e folletti diretti alla loro festa.
Il rumore degli zoccoli che calpestavano l’acciottolato si unì ai flauti e ai tamburi che già suonavano al castello, permeando tutto di un alone mistico.
La strada verso Ornamore era tutta in salita, ma anche andando a piedi non si avvertiva tanto la stanchezza, perché il sentiero aggirava le colline invece di passarci sopra, abbracciandole in spirali verso l’alto. L’aria, ancora impregnata del calore dei raggi del sole, profumava di fiori e di erbe, e insieme al ritardo della notte faceva capire che la Primavera era ormai giunta. I cespugli e le piante che si affacciavano sulla strada sembravano rinvigoriti: le foglie erano più verdi, tra i rami si intravedevano i boccioli di fiori. Lontano, la musica continuava a suonare…
Quando si arrivava davanti al grande cancello, si notavano subito le festose ghirlande di nastri verdi e oro, agghindate con margherite e campanelli, poste tutt’intorno all’entrata di pietra; lì, un uomo sulla cinquantina vestito con un paio di ampi pantaloni alla zuava, prendeva gli inviti dei partecipanti alla festa arrivati al momento; nel caso si fosse presentato qualcuno di non invitato, le due guardie, due figuri palestrati abbigliati con casacca di cuoio duro ed elmi cornuti, lo avrebbero aiutato ad “allontanare” il problema. Questo poiché gli invitati erano stati selezionati tra i personaggi più in vista della città e della provincia, oppure avevano avuto accesso all’invito pagando una discreta somma. Di certo ci sarebbe stato il problema dei soliti “imbucati”.
Superata la cinta muraria e lasciate le eventuali carrozze all’esterno, ci si trovava all’interno del grande giardino, dove diversi sentieri e percorsi tra le siepi erano lasciati aperti agli ospiti: si potevano ammirare fontane e laghetti, oltre al piccolo parco naturale che sorgeva poco lontano dal complesso principale. Sarebbe stato in una radura all’interno del parco che il falò di Ostara sarebbe stato acceso all’alba; prima di quel momento, però, sarebbe stato uno dei luoghi nel castello dove una delle due orchestre avrebbe suonato e dove si sarebbe ballato per tutta la notte. L’altro luogo era, chiaramente, la sala da ballo all’interno dl castello.
Si trattava di una sala più lunga che larga, con le pareti decorate da finte colonne e affreschi e un palco sul fondo dove gli altri musicisti accordavano e provavano gli strumenti; la musica celtica e popolare sarebbe stata la base di tutti i balli della serata.
Candelabri carichi di candele nere e bianche pendevano dal soffitto decorato. Erano l’unica luce a illuminare la stanza: in tutto il complesso, giardino compreso, era stato deciso di non utilizzare la luce elettrica ma di affidarsi solamente al fuoco di torce e candele. Nella sala adiacente, leggermente più grande e più larga, era comunque possibile ballare, ma vi erano stati anche disposti i tavoli del buffet, lungo le pareti. Ogni tavolo, coperto da una tovaglia verde prato, presentava un cestino di fiori diversi, e, a seconda del tipo di fiore, accoglieva tipi di pietanze diversi : un cestino di ginestre per tutti i cibi a base di uova, e quindi torta di miele, piccole frittate di salvia, mini crepes, uova sode; quello di gelsomini per vari tipi di dolci al latte, compresi sofisticati soufflé e budini; le rose decoravano il tavolo dei vari vini pregiati, disposti in modo da mostrare bene l’etichetta, e dello champagne, adagiato graziosamente nell’apposito secchio di ghiaccio; violette per tutta la frutta di stagione, tra cui abbondanti cesti di more, lamponi e mirtilli; e così via…
Motivi di fiori e trifogli si ripetevano su tendaggi, nastri e tappeti che decoravano l’intero castello; sopra ogni porta era stato posizionato un sonaglietto, che suonava ogni volta che la porta veniva aperta, e scacciapensieri di campanelli erano stati appesi davanti alle finestre senza imposte né vetri dei lunghi corridoi al primo piano, cosicché il vento che entrava li faceva tintinnare dolcemente. Ovunque si sentiva, mescolato all’odore dei fiori, il profumo di un incenso di erbe.
Gli invitati erano lasciati liberi di dirigersi dove desideravano, anche se il cuore della festa sarebbero state la sala da ballo e la radura.
Scendendo le scale fino ai sotterranei, si poteva arrivare a una grande sala interamente in pietra, dal bassissimo soffitto a volte a crociera. Dei fori su di esso, insieme a poche torce sulle pareti, illuminavano l’ambiente; sarebbe stato perfetto per un rituale magico, se solo vi si fosse avventurata una vera creatura del Seamair…
Se invece si preferiva salire le scale, si sarebbe arrivati ai piani superiori delle camere da letto e, più in alto, alle torri, che garantivano un clima di silenzio e pace a chiunque avesse voluto staccarsi per un momento dalla festa. Nondimeno, le torri silenziose nella notte facevano respirare un’intensa aria di mistero.
Oltre alla danza e alla cena, era previsto che molti invitati sarebbero rimasti al castello per tutta la durata della festa, che durava in totale tre giorni, quindi erano state preparate anche delle camere da letto per coloro abbastanza facoltosi da permettersi di fermarsi a dormire a Oranmore, senza dover tornare la sera seguente. La mattina, a colazione, sarebbero state servite loro per l’occasione uova strapazzate, torta e biscotti al miele di produzione artigianale, latte fresco e croissant freschi, oltre alla consueta colazione a buffet dell’albergo.
Ma la sera doveva ancora iniziare, anche se gli organizzatori avevano preparato già ogni cosa: il sole cominciava appena a tramontare e gli invitati arrivavano, uno dopo l’altro, con i loro vestiti verdi e le coroncine di fiori tra i capelli.